L'ingenuità di un sogno.

Forse ero ingenua. Ma ricordo l'euforia per l'inizio di una vita diversa. Ma mi sono ritrovata sola e oggi è tempo di considerazioni.
Ho perso una metà di me neanche dopo 3 mesi, forse non era un amore destinato al "per sempre" ma era qualcosa e ora mi manca l'appoggio.
Ho perso dei giorni, dei momenti. Guardo mia sorella e vorrei che fosse sempre come da piccola, col viso paffuto e le codine. Ho perso i suoi sorrisi e quelli dei miei genitori (e le sgridate) e ogni volta che torno a casa non so godermeli e me ne rendo conto solo nei giorni come oggi, in cui faccio le valige con le lacrime agli occhi e non so quando tornerò a casa di nuovo.
Questa volta porto con me Fioccodineve, il pupazzo che stringo tra le braccia da quando ho 2 anni e che se potesse parlare racconterebbe di troppe notti passate a piangere.

Dico e ripeto, forse ero ingenua, quando quel 5 ottobre 2011 presi un aereo che mi portò nella mia piccola New York, una Milano con palazzi troppo alti e che dal mio metro e sessanta d'altezza sembrano torri di Babele infinite. La chiamo New York perchè vista con gli occhi di una 19enne che lascia la campagna calabrese, il mar Ionio e la primavera che bussa alle porte da febbraio, è una specie di grande mondo in cui non ti sentirai mai di averne abbastanza, un mondo che guardi con gli occhi di chi ci vive, di chi ci starà per poco, di chi fa il turista. Il problema sta negli occhi dell'artista che negli angoli possono trovare gioia e sulle panchine di Parco Sempione la tristezza.

Ero ingenua perchè vedevo solo rose e non avevo calcolato le spine. E le spine non sono il non avere un lavoro o non essere ancora la grandissima fotografa che sogno di essere ma sono perdere i compleanni dei tuoi cari, i loro abbracci, i lunedi a guardare Grey's Anatomy sotto le coperte, i cenoni di Natale e Capodanno con 40 e più persone, le feste, il cibo, la mia cocorita gialla e il mio micio morbido.

Dopo un anno e mezzo capisci che PARTIRE NON E' ANDARE VIA ma è TORNARE.
E' tornare dove avevi detto di non voler restare.
E' AMARE, amare quello che avevi e inesorabilmente ti manca. Puoi essere cinico e freddo, ma devi aver subito una cattiveria immensa per non sentire mancanza del luogo in cui hai speso la tua vita.

Tutti i viaggi iniziano e finiscono come questo post: si inizia con la tristezza, la mancanza, l'idea di restare qui e non andare lì e finiscono con la consapevolezza che tornerai, che un giorno potrai dire ai tuoi figli che i sogni, quelli veri, fanno male, malissimo ma che ti fanno crescere e se smetti di sognare sei morto. E conosco anche questo punto di vista.
Quindi adesso chiuderò le valige e quando mi siederò sul bus che mi porterà a Milano piangerò ma poi sarà giorno e io sarò lontana ma con la consapevolezza che tornerò e nulla sarà diverso e potrò riviverlo.

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